IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CALABRIA 
                 Sezione staccata di Reggio Calabria 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 666 del 2019, proposto da Casa  di  cura  Villa  S.
Anna S.p.A.,  in  persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore,
rappresentata e difesa dall'avvocato  Aurora  Frezza,  con  domicilio
digitale come da pec da Registri di giustizia; 
    Contro  Asp  di  Reggio   Calabria,   in   persona   del   legale
rappresentante pro tempore non costituita in giudizio; 
    Per l'ottemperanza al giudicato formatosi sul decreto  ingiuntivo
del Tribunale di Reggio Calabria n. 148/2019 del  21  febbraio  2019,
divenuto definitivo per mancata opposizione nei termini  di  legge  e
reso esecutivo ex art. 647 del codice di procedura civile in data  13
maggio 2019; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nella camera di consiglio del giorno  10  marzo  2021  -
tenutasi ai sensi dell'art. 25 del decreto-legge  n.  137/2020,  come
convertito, con  legge,  n.  176/2020  e  successivamente  modificato
dall'art. 1, comma 17 del decreto-legge n. 183 del 31 dicembre  2020,
senza discussione orale - la dott.ssa Agata Gabriella Caudullo; 
    1. Con ricorso notificato in data 14 novembre  2019  la  societa'
ricorrente ha agito per l'ottemperanza  al  giudicato  formatosi  sul
decreto ingiuntivo in epigrafe  con  cui  il  Tribunale  d  i  Reggio
Calabria ha condannato  l'Azienda  sanitaria  provinciale  di  Reggio
Calabria al pagamento di euro 478.818 21,  oltre  interessi  come  da
domanda,  per  il  mancato  pagamento  delle   fatture   emesse   per
prestazioni  sanitarie  erogate  a  carico  del   Sistema   sanitario
regionale per la Calabria nel corso delle  annualita'  2016  e  2017,
nonche' al rimborso delle spese legali. 
    2. L'ASP intimata non si e' costituita in giudizio. 
    3. Il titolo sul quale si fonda l'azione non e' stato opposto  ed
e' divenuto esecutivo, giusto decreto di esecutorieta' n. 735 del  13
maggio 2019, in esecuzione del quale la cancelleria del Tribunale  di
Reggio Calabria ha apposto la formula esecutiva. 
    In tale forma e' stato notificato all'azienda sanitaria  in  data
14 giugno 2019.  Da  tale  data  e',  altresi',  decorso  il  termine
dilatorio  di  giorni  120  (centoventi)  previsto  ex  lege  per  le
esecuzioni contro le amministrazioni statali e gli enti pubblici  non
economici. 
    4. Con  ordinanza  collegiale  resa  in  esito  della  camera  di
consiglio del 27 gennaio 2021 il Tribunale, preso atto che il termine
del  31  dicembre  2020,   introdotto   dall'art.   117,   comma   4,
decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020, convertito in legge 17 luglio
2020, n. 77, fino al quale era in vigore il divieto di  intraprendere
o proseguire azioni esecutive nei confronti degli enti  del  Servizio
sanitario nazionale di cui all'art. 19  del  decreto  legislativo  23
giugno 2011,  n.  118,  era  stato  prorogato  al  31  dicembre  2021
dall'art. 3, comma 8 del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183 (c.d.
«Milleproroghe»), ha ritenuto opportuno rinviare la trattazione della
controversia ad una camera di consiglio da tenersi in data successiva
all'eventuale conversione in legge del decreto-legge poc'anzi citato. 
    5.  Il  decreto-legge  31  dicembre  2020,  n.  183,   e'   stato
convertito, senza  modifiche  per  quanto  riguarda  la  proroga  del
divieto di azioni esecutive, con legge n. 21 del  26  febbraio  2021,
sicche' l'art. 117, comma 4, decreto-legge n. 34 del 19 maggio  2020,
convertito in  legge  17  luglio  2020,  n.  77,  nella  sua  attuale
formulazione, risulta essere il seguente: «Al fine di far fronte alle
esigenze straordinarie ed  urgenti  derivanti  dalla  diffusione  del
COVID-19 nonche'. per assicurare al Servizio sanitario  nazionale  la
liquidita' necessaria allo svolgimento delle  attivita'  legate  alla
citata  emergenza,  compreso  un  tempestivo  pagamento  dei   debiti
commerciali,  nei  confronti  degli  enti  del   Servizio   sanitario
nazionale di cui all'articolo 19 del decreto  legislativo  23  giugno
2011, n. 118, non  possono  essere  intraprese  o  proseguite  azioni
esecutive. I pignoramenti e le prenotazioni a  debito  sulle  rimesse
finanziarie trasferite dalle regioni agli enti del  proprio  Servizio
sanitario regionale effettuati prima della data di entrata in  vigore
del presente provvedimento non producono effetti dalla suddetta  data
e non vincolano  gli  enti  del  Servizio  sanitario  regionale  e  i
tesorieri, i quali possono disporre, per le finalita',  dei  predetti
enti legate alla gestione dell'emergenza sanitaria e al pagamento dei
debiti, delle  somme  agli  stessi  trasferite  durante  il  suddetto
periodo. Le disposizioni del presente comma si applicano fino  al  31
dicembre 2021». 
    6. Alla camera di consiglio del 10 marzo 2021 tenutasi da remoto,
la causa e' stata posta in decisione. 
    7. Il collegio dubita della legittimita' costituzionale dell'art.
117, comma 4 del decreto-legge n. 34/2020,  convertito  in  legge  n.
77/2020, e successive modifiche, nella parte in  cui  ha  imposto  il
divieto di agire in executivis contro gli enti del Servizio sanitario
nazionale fino al 31 dicembre 2021. 
    In  tal  senso,  peraltro,  si  e'  gia'  espresso,  seppur   con
riferimento puntuale alla tematica dei pignoramenti, il Tribunale  di
Napoli (XIV Sezione civile) con ordinanza di  rimessione  alla  Corte
costituzionale del 20 dicembre 2020, le cui condivisibili motivazioni
verranno tra poco ampiamente richiamate. 
    Pur  ravvisando  la  sostanziale  identita'  della  questione  di
costituzionalita' sollevata dal  giudice  partenopeo,  si  reputa  di
dover rimettere autonomamente la questione alla Corte  costituzionale
anche in ragione del fatto che l'ordinanza di rimessione adottata dal
Tribunale di Napoli non riguarda l'illegittimita' costituzionale  del
divieto delle azioni  esecutive  cosi'  come  prorogato  fino  al  31
dicembre 2021 dall'art. 3, comma 8 del decreto-legge n. 183/2020, ora
convertito nella legge n. 21/2021, ma dell'art. 117, comma 4, recante
l'originaria scadenza del divieto al 31 dicembre 2020. 
    8. Il dato normativo e la sua ratio. 
    L'art. 117, comma 4, decreto-legge 19 maggio 2020,  n.  34  (c.d.
decreto «Rilancio»), convertito nella legge n. 77/2020, e' una  delle
molteplici disposizioni intervenute a fronteggiare la  situazione  di
emergenza sanitaria da COVID- 19. 
    Il primo periodo dell'art. 117, comma 4, che e' quello che rileva
nel caso di specie, prevede  espressamente  che  non  possano  essere
intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti degli enti del
Servizio sanitario nazionale, azioni tra cui  rientra,  per  pacifica
giurisprudenza, anche l'azione di ottemperanza di cui  agli  articoli
112 e seguenti del codice processo amministrativo (v. sul  punto  TAR
Reggio Calabria, 31 luglio 2020, n. 480). 
    Sulla natura della disposizione in parola,  questo  Tribunale  si
era gia'  espresso  con  la  sentenza  poc'anzi  citata,  ripresa  in
decisioni  successive,  considerandola  in  concreto  un'ipotesi   di
«sospensione» dell'azione di ottemperanza, che  comunque  preclude  o
condiziona per un arco di tempo inizialmente limitato  alla  scadenza
del  31  dicembre  2020  l'intervento  sostitutivo   ad   opera   del
commissario ad acta. 
    Chiara la finalita' della disposizione  in  questione  resa  gia'
palese dal suo tenore letterale: assicurare la concreta  operativita'
dei pagamenti a cura degli enti del Servizio sanitario nazionale  per
fronteggiare la situazione di emergenza  sanitaria,  rendendo  sempre
disponibili risorse economiche allocate nei bilanci  degli  enti  del
Servizio sanitario nazionale, altrimenti destinate  al  finanziamento
di crediti nascenti da sentenze esecutive ed  azionate  attraverso  i
rimedi  processual-civilistici  dell'espropriazione  forzata  o   del
giudizio di ottemperanza previsto dall'art. 112 del  codice  processo
amministrativo. 
    Il perseguimento  di  tale  risultato,  suggerito  dalla  attuale
situazione emergenziale, ma che preclude  adesso  l'effettivita'  del
rimedio sostitutivo dell'azione per ottemperanza fino alla  data  del
31 dicembre 2021, non  appare,  ad  avviso  di  questo  giudice,  ne'
ragionevole  ne'  proporzionato  perche',  nel  bilanciamento  tra  i
contrapposti interessi, quello del privato di  veder  soddisfatto  il
proprio credito  pecuniario,  gia'  accertato  con  sentenza  o  atto
equipollente, e quello pubblico di liberare risorse necessarie per lo
svolgimento di attivita' legate  alla  citata  eccezionale  emergenza
sanitaria, sacrifica il primo nella  misura  in  cui  il  Legislatore
prevede  la  proroga  per  continuare   a   rispondere   al   bisogno
emergenziale senza considerare, a  favore  del  creditore,  paralleli
meccanismi di tutela per equivalente. 
    9.   Sulla   rilevanza   della    questione    di    legittimita'
costituzionale. 
    La norma in  esame,  nel  riferirsi  alle  azioni  esecutive,  e'
certamente valevole anche per il giudizio di ottemperanza. 
    In sede di prima applicazione, come gia' detto, questo tribunale,
tenuto conto del suo limitato ambito temporale di operativita'  (sino
al 31 dicembre 2020), ha ritenuto (v. sentenza n. 480/2020) di  poter
seguire un'interpretazione che di fatto attenuava  i  riflessi  della
sanzione  di  improcedibilita'  sulle  azioni   esecutive   pendenti,
assegnando, da un  lato,  all'amministrazione  debitrice  un  congruo
spazio di tempo per provvedere spontaneamente  (art.  114,  comma  4,
lettera a) e affermando, dall'altro, che l'eccezionale  «sospensione»
dell'azione  esecutiva  nel   processo   amministrativo,   introdotta
dall'art. 117, comma 4, decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, viene in
rilievo  solo  nella  successiva  ed  eventuale   fase   propriamente
esecutiva affidata al commissario ad acta (art. 114, comma 4, lettera
d). 
    Purtuttavia, a prescindere dalla qualificazione  o  meno  di  una
causa di improcedibilita' o  di  sospensione  in  senso  tecnico,  la
recente proroga sino al 31 dicembre  2021  del  sostanziale  «blocco»
delle azioni esecutive nei  confronti  (anche)  delle  ASL  rende  la
soluzione oggettivamente non piu' praticabile, stante l'aggrava mento
del  margine  di  incertezza  in  ordine  all'an  e  al  quando   del
soddisfacimento delle legittime ragioni creditorie. 
    Si rende, pertanto, necessario sollevare in questa sede questione
di  costituzionalita',  atteso  che  soltanto  a  seguito   del   suo
accoglimento sarebbe consentito al tribunale  di  pronunciarsi  sulla
domanda di ottemperanza proposta dalla  societa'  ricorrente  domanda
che, allo stato, appare fondata nel merito. 
    10.  Sulla  non  manifesta  infondatezza   della   questione   di
costituzionalita'. 
    Il collegio, avuto riguardo all'effetto paralizzante della  norma
richiamata sul diritto di credito di parte ricorrente, ritiene che la
questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  117,  comma  4,
decreto-legge  n.  34/2020,  convertito  in  legge  n.  177/2020,   e
successive  modificazioni,  sia  non  manifestamente   infondata   in
relazione agli articoli 24, commi 1 e 2, 111,  comma  2,  e  3  della
Costituzione. 
    Sul tema della legittimita' di disposizioni  legislative  rivolte
ad inibire le azioni esecutive da intraprendere o gia' intraprese nei
confronti di particolari categorie di  creditori  pubblici  (come  ad
esempio  gli  enti  del  Servizio  sanitario  nazionale)   la   Corte
costituzionale, seppure  in  un  contesto  storico-normativo  affatto
diverso da quello  attuale,  si  e'  gia'  pronunciata  con  la  nota
sentenza n. 186 del 12 luglio 2013. 
    Nel dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma
51 della legge n. 220 del 2010 («Disposizioni per la  formazione  del
bilancio  annuale  e  pluriennale  dello  Stato-legge  di  stabilita'
2011»),  che  aveva  imposto  per  la  salvaguardia  degli  equilibri
finanziari degli enti del Servizio sanitario nazionale la  temporanea
impignorabilita'  dei  crediti  delle  aziende  sanitarie,  la  Corte
costituzionale riconobbe che un intervento legislativo di  tal  fatta
si poneva in contrasto con l'art. 24 della Costituzione. 
    In  particolare,  la  sentenza  chiariva   che   «un   intervento
legislativo - che di fatto svuoti di  contenuto  i  titoli  esecutivi
giudiziali conseguiti nei confronti di un soggetto  debitore  -  puo'
ritenersi giustificato da particolari esigenze  transitorie  qualora,
per un verso, siffatto  svuotamento  sia  limitato  ad  un  ristretto
periodo temporale (sentenze n. 155 del 2004 e n. 310 del 2003) e, per
altro verso, le disposizioni di carattere  processuale  che  incidono
sui   giudizi   pendenti,    determinandone    l'estinzione,    siano
controbilanciate da disposizioni di carattere sostanziale che, a loro
volta, garantiscano, anche per altra via che  non  sia  quella  della
esecuzione  giudiziale,  la  sostanziale  realizzazione  dei  diritti
oggetto delle procedure estinte (sentenze n. 277 del 2012  e  n.  364
del 2007)». 
    Anche in quel caso, tra l'altro, si trattava di una  disposizione
«la cui durata nel tempo, inizialmente prevista per un anno, gia' era
stata, con due provvedimenti di  proroga  adottati  dal  legislatore,
differita di ulteriori due anni sino ai 31 dicembre 2013». 
    In particolare, la Corte sottolineava che la  compromissione  del
diritto del creditore del Servizio sanitario nazionale, a  mezzo  del
provvedimento legislativo che impedisse il  recupero  coattivo  delle
somme, dovesse essere  riequilibrata  da  disposizioni  di  carattere
sostanziale tali, a loro volta, da garantire, anche per altra via che
non  fosse  quella  della  esecuzione  giudiziale,   la   sostanziale
realizzazione dei diritti oggetto delle procedure estinte. 
    Per tali ragioni, la Corte costituzionale aveva ritenuto fondata,
perche' in contrasto con gli articoli 24 e 111 della Costituzione, la
questione  di  legittimita'  costituzionale  della  norma   de   qua,
ripristinando il diritto dei creditori ad agire esecutivamente per la
soddisfazione dei loro diritti. 
    10.1. Le contrapposte tesi della giurisprudenza a confronto. 
    Invero, nelle sue prime applicazioni, la norma ora  in  esame  ha
indotto i giudici di merito ad interpretazioni contrastanti sulla sua
compatibilita' con il dettato costituzionale. 
    Con ordinanza del 13 luglio 2020  il  Tribunale  di  Napoli  (XIV
Sezione  civile)  ha  ritenuto  di  non  sollevare  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 117, comma 4, decreto-legge  n.
34/2020, richiamando  gli  orientamenti  ed  i  principi  di  diritto
affermati dalla Consulta con  riferimento  a  pregresse  disposizioni
recanti cause di impignorabilita' in danno degli  enti  del  Servizio
sanitario nazionale (come nel caso sopra descritto dall'art. 1, comma
51 della legge n. 220/2010, modificato dall'art. 17, comma 4, lettera
e) del decreto-legge n. 98/2011, convertito, con modificazioni, dalla
legge n. 111/2011, e poi dall'art. 6-bis, comma 2, lettere a)  e  b),
del decreto-legge n. 158/2012, convertito, con  modificazioni,  dalla
legge n. 189/2012, a tutela delle provviste finanziarie delle regioni
commissariate). 
    Il Tribunale di Napoli, pur condividendo l'impostazione di  fondo
per cui  la  causa  di  improcedibilita'  dell'azione  esecutiva  non
risulta  bilanciata  da  altre  misure  a  tutela   delle   posizioni
sostanziali  dei  creditori  procedenti,  ha  ritenuto  la  questione
manifestamente infondata in virtu' della differente  ratio  normativa
dell'art. 117, comma 4, rivolta non al risanamento delle  finanze  in
pregiudizio dei privati, ma a garantire in  un  particolare  contesto
emergenziale la disponibilita' delle risorse finanziarie necessarie a
gestire la pandemia e, quindi, a garantire l'erogazione  dei  livelli
essenziali di assistenza  oltre  quelli  aggiuntivi  derivanti  dalla
diffusione del virus, sicche'  «non  si  rinviene  una  modalita'  di
esenzione, per la parte pubblica, dal rispondere economicamente degli
effetti  giudiziari  di  una  condanna  giudiziaria  (con  violazione
dell'art. 111 della Costituzione),  ma  di  una  presa  di  posizione
legislativa  nel  ritenere  prevalente  la  tutela  della  salute   e
nell'approntare i mezzi per affrontare l'emergenza epidemiologica  in
corso (art. 2 della Costituzione)». 
    In   adempimento   ad   inderogabili   doveri   di   solidarieta'
economico-sociale, legati alla necessita' di disporre  all'occorrenza
delle  risorse  economiche  sufficienti  a  fronteggiare  l'emergenza
sanitaria in atto, sarebbe giustificato, alla luce  di  questa  prima
opzione esegetica, il  vulnus  inferto  dal  legislatore  ai  diritti
sostanziali e processuali dei creditori procedenti, tenuto conto  del
carattere temporaneo del loro sacrificio (fino al 31 dicembre 2020) e
dell'esclusione di  qualsivoglia  causa  di  perenzione  del  diritto
dovuta al decorso del tempo (art. 2945 del codice civile). 
    Di contrario avviso si profila la posizione assunta,  sempre  dal
Tribunale di Napoli (XIV sezione), con la gia' citata  ordinanza  del
20 dicembre 2020. 
    Innanzitutto, il giudice a quo, pur riconoscendo che il  limitato
orizzonte temporale della norma potrebbe  in  ipotesi  attenuare  gli
effetti  «espropriativi»  dei  diritti  patrimoniali  dei  creditori,
focalizza i dubbi di costituzionalita' sull'assenza di un  meccanismo
normativo  idoneo  ad  assicurare  una  tutela  sostanziale  in   via
equivalente. 
    Per vero, il richiamato art. 117, nel suo  complesso  articolato,
fissa delle priorita' legate alla gestione dell'emergenza sanitaria e
al pagamento dei  debiti,  non  escludendo  il  pagamento  di  debiti
pregressi,  tanto  da  prevedere  anche  il  ricorso   a   forme   di
anticipazioni di liquidita', per le regioni «i cui enti del  Servizio
sanitario nazionale  a  seguito  della  situazione  straordinaria  di
emergenza  sanitaria  derivante  dalla  diffusione  dell'epidemia  da
COVID-19 non riescono a far fronte  ai  pagamenti  dei  debiti  certi
liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2019 relativi
a  somministrazioni,  forniture,  appalti  e   a   obbligazioni   per
prestazioni professionali» (comma 5). 
    Purtuttavia, per  questa  seconda  opzione  esegetica,  cio'  non
sarebbe  sufficiente  a  preservare  la  norma   dalle   censure   di
illegittimita' costituzionale per violazione degli articoli 24 e  111
della Costituzione, derivante dall'assenza di un  adeguato  grado  di
bilanciamento richiesto dalla Corte costituzionale e non  soddisfatto
dalla disposizione normativa in commento,  laddove  prevede  che  gli
enti  «possono  disporre,  per  le  finalita'  legate  alla  gestione
dell'emergenza sanitaria e al pagamento dei debiti delle  somme  agli
stessi trasferite durante il suddetto periodo». 
    Sotto altro profilo, l'art. 117, comma 4, si porrebbe inoltre  in
aperto contrasto  con  altre  norme,  contenute  anche  nel  medesimo
«decreto rilancio», volte ad incentivare e  velocizzare  i  pagamenti
dei debiti delle pubbliche amministrazioni. 
    L'art. 115 introduce, in particolare, l'istituzione di un  «fondo
di liquidita' per il pagamento  dei  debiti  commerciali  degli  enti
territoriali», mentre e' l'art. 116 a garantire, in favore degli enti
locali, delle regioni e delle province autonome,  una  «anticipazione
di liquidita'» per far fronte al pagamento di crediti certi,  liquidi
ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2019. 
    Sotto quest'ultimo aspetto, tuttavia, le  regioni  non  avrebbero
nemmeno l'obbligo, ma semplicemente la facolta'  di  avvalersi  dello
strumento di anticipazione di liquidita' a favore del  pagamento  dei
debiti certi, liquidi ed  esigibili  maturati  al  31  dicembre  2019
relativi «a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per
prestazioni professionali». 
    In conclusione, con l'ordinanza del 20 dicembre 2020 il Tribunale
di  Napoli  ha  ritenuto  l'art.  117,  comma  4,  costituzionalmente
illegittimo sia  per  violazione  dell'art.  24  della  Costituzione,
introducendo  una  norma  speciale  elidente   la   possibilita'   di
soddisfazione effettiva e concreta dei diritti  del  creditore  nella
misura in cui l'improcedibilita' delle azioni esecutive nei confronti
degli enti del Servizio sanitario nazionale non risulta bilanciato da
altrettanto  effettivi  soluzioni  di  tutela  equivalente,  sia  per
violazione dell'art.  111  della  Costituzione,  atteso  che  con  la
disposizione censurata «il legislatore ha finito per  introdurre  una
fattispecie di ius singulare che -  pur  originata  da  comprensibili
preoccupazioni Legate all'emergenza  epidemiologica  un  corso  -  ha
determinato  uno  sbilanciamento  fra  le  due  posizioni  in  gioco,
esentando quella pubblica, di cui lo Stato  risponde  economicamente,
dagli effetti pregiudizievoli delle condanne giudiziarie subite». 
    10.2. La posizione  del  T.A.R.  Calabria  -  Sezione  di  Reggio
Calabria. 
    10.2.1.  La  sezione  condivide  le  questioni  di   legittimita'
costituzionale sollevate da ultimo con ordinanza del 20 dicembre 2020
del Tribunale di Napoli  e  rileva  che  l'art.  117,  comma  4,  del
«decreto   rilancio»,   incidendo   retroattivamente   su   posizioni
consolidate per effetto di una procedura esecutiva giurisdizionale  e
vanificando il rimedio del giudizio di ottemperanza avanti al giudice
amministrativo, si pone in evidente contrasto  con  il  principio  di
effettivita' del diritto di difesa sancito dall'art. 24, commi 1 e 2,
della  Costituzione,  il  cui  esercizio,  in  virtu'  della  proroga
disposta  dall'art.  3,  comma  1  del  decreto-legge   n.   183/2020
(convertito nella legge n.  21/2021),  viene  impedito  per  un  arco
temporale (dal 20 maggio 2020 al 31 dicembre 2021 ossia per un anno e
sette mesi) che, ad avviso del collegio,  va  oltre  i  canoni  della
proporzionalita' e della  ragionevolezza,  anche  perche',  a  fronte
dell'imprevedibilita' e dell'incertezza dell'evoluzione pandemica, il
detto termine rischia di prolungarsi  per  un  tempo  indefinito  con
grave pregiudizio per i creditori istanti. 
    In altre  parole,  il  sospetto  di  legittimita'  costituzionale
espresso  dal  Tribunale  di  Napoli,  in  relazione  alla   mancanza
nell'ordinamento vigente di disposizioni di natura sostanziale tese a
«controbilanciare» il «blocco» transitorio delle esecuzioni  e/o  dei
pignoramenti proposti o da proporre  contro  gli  enti  del  Servizio
sanitario nazionale, appare intensificarsi in virtu' dell'intervenuto
- ed irragionevole per come tra poco  si  dira'  -  differimento  del
termine di improcedibilita' (o sospensione) dell'azione  fino  al  31
dicembre 2021. 
    Tra l'altro, si osserva che la novella operata dal  c.d.  decreto
«Milleproroghe» ha inciso solo sul termine «a sfavore» del  creditore
di cui al comma 4, prorogandolo, come si e' piu' volte ricordato,  di
un intero anno, ma  non  e'  intervenuta  sul  termine  del  comma  5
(inizialmente correlato alla previsione di cui al comma 4)  entro  il
quale le regioni potevano  chiedere,  con  deliberazione  di  giunta,
un'anticipazione di liquidita' alla Cassa depositi e prestiti, che e'
rimasto fissato al periodo (ormai decorso) 15 giugno-7  luglio  2020,
rendendo cosi' ancor piu' insoddisfacente e inadeguato il supposto  e
pur parziale meccanismo compensativo. 
    La limitazione al diritto costituzionale di agire (anche  in  via
esecutiva) a tutela dei propri diritti appare vieppiu' irragionevole,
avuto riguardo a quanto ritenuto dalla  stessa  Corte  costituzionale
rispetto alla necessita' di una integrazione reciproca  tra  tutti  i
diritti   fondamentali    tutelati    dalla    Costituzione    (Corte
costituzionale, 9 maggio 2013, n.  85)  e  rispetto  all'esigenza  di
assicurare una tutela «sistemica e non frazionata  in  una  serie  di
norme ed in potenziale conflitto tra loro» (Corte costituzionale,  28
novembre 2012, n. 264). 
    Difatti nella fattispecie in questione - cosi'  come  di  recente
sottolineato dall'ordinanza del 13  gennaio  2021  con  la  quale  il
Tribunale di Barcellona di Pozzo di Gotto ha sollevato  la  questione
di   legittimita'   costituzionale   sul   termine   di   sospensione
dell'efficacia dei  pignoramenti  immobiliari,  introdotta  dall'art.
54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, inserito  dalla  legge
di conversione 24 aprile 2020, n. 27, come  poi  prorogato  dall'art.
13, comma 14, decreto-legge 28 ottobre 2020, n.  183,  convertito  in
legge 18 dicembre 2020, n. 176 - «l'illimitata ovvero  incondizionata
espansione di uno di essi aprirebbe la strada alla c.d.  tirannia  di
un  diritto  nei  confronti  degli  altri  beni  giuridici  di  rango
costituzionale», con la conseguenza  che  appare  non  manifestamente
infondato sul piano costituzionale che l'art. 117, comma 4,  al  pari
dell'art. 54-ter, «svilisca - alla prova dei fatti  -  l'effettivita'
della tutela giurisdizionale  senza  un  apprezzabile  vantaggio  per
altri beni di rango costituzionale». 
    Cio' e' tanto piu' vero nel caso di debiti maturati nei confronti
della pubblica amministrazione, per i quali  e'  gia'  normativamente
previsto   un   differimento   dell'esecuzione   dall'art.   14   del
decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, che la  Corte  costituzionale
ha  ritenuto  conforme  ai  precetti  costituzionali  quale  «spatium
adimplendi» per l'approntamento dei mezzi  finanziari  occorrenti  al
pagamento dei crediti, che «persegue lo scopo di  evitare  il  biacco
dell'attivita' amministrativa derivante dai ripetuti pignoramenti  di
fondi.  contemperando  in  tal  modo  l'interesse  del  singolo  alla
realizzazione del suo diritto con quello, generale, ad  una  ordinata
gestione delle risorse finanziarie pubbliche» (Corte  costituzionale,
23 aprile 1998, n. 142). 
    10.2.2. Risulta altresi' violato il principio del giusto processo
costituzionalizzato dall'art. 111, comma 2, perche',  a  cascata,  la
norma censurata, da un lato, altera la condizione  di  parita'  delle
armi,  determinando  uno  squilibrio  nel  rapporto  tra  debitore  e
creditore a tutto vantaggio del primo (gia' fruitore del  termine  ex
art.  14  del  decreto-legge  n.  669/1996),  e,  dall'altro,  incide
fortemente sulla ragionevole durata del  processo  che  e'  tutelata,
come noto, anche a  livello  sovranazionale  (v.  art.  47  Carta  di
Nizza). 
    La natura pubblica e le finalita' emergenziali  di  tutela  della
salute, di cui il  soggetto  debitore  e'  chiamato  a  farsi  carico
costituiscono,  infatti,  il   fondamento,   ma   anche   il   limite
dell'apprezzabilita' del sacrificio imposto alla  pretesa  creditoria
del privato, il cui  credito  potrebbe  essere  stato  giudizialmente
riconosciuto a tutela di interessi altrettanto fondamentali (come, ad
esempio, salute, lavoro, attivita' d'impresa) rispetto a  quello  che
l'art. 117, comma 4, e' rivolto a salvaguardare  nel  rispetto  della
doverosa ricerca di un delicato equilibrio dei valori  costituzionali
in gioco. 
    10.2.3.  La  proroga  al  31  dicembre   2021,   introdotta   dal
decreto-legge n. 183/2020, convertito in legge n.  21/2021,  presenta
inoltre autonomi aspetti di contrasto con l'art. 3 della Costituzione
sotto il profilo della disparita' di trattamento normativo  riservato
dallo stesso «decreto milleproroghe» ad altre categorie di creditori. 
    Un primo aspetto di irragionevolezza della proroga al 31 dicembre
2021 puo' ravvisarsi nella sua temporale incongruenza  ed  asimmetria
rispetto al termine di durata  del  presupposto  stato  di  emergenza
sanitaria che, in virtu' dell'entrata in vigore del decreto-legge  n.
2 del 14 gennaio 2021 (convertito in legge n. 29 del 12 marzo  2021),
e' stato spostato dal 31 gennaio 2021 al 30 aprile 2021. 
    Ne deriva che la fissazione del  termine  al  31  dicembre  2021,
slegato dall'emergenza sanitaria, appare casuale,  illogico  e  rende
intrinsecamente e altrettanto illogica, oltre che non  proporzionata,
l'estensione temporale prevista dall'art. 117, comma 4. 
    In secondo luogo, l'art. 3, comma 8,  decreto-legge  n.  183/2020
(al comma 4, dell'art. 117 del decreto-legge 19 maggio 2020,  n.  34,
convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77,  le
parole  «31  dicembre  2010»  sono  sostituite  dalle  seguenti:  «31
dicembre 2021»),  confluito  giustappunto  nella  norma  di  sospetta
incostituzionalita', si pone in intrinseca distonia con  altre  norme
dello  stesso  decreto  c.d.  «milleproroghe»,   che   prevedono   in
particolare (art. 13, comma 13, in tema di proroga al 30 giugno  2021
dello sfratto  di  immobili  adibiti  ad  esigenze  abitative)  o  in
generale (art. 19 in tema  di  termini  previsti  dalle  disposizioni
legislative di cui all'allegato 1 che sono prorogati fino  alla  data
di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da  COVID-19  e
comunque  non  oltre  il  30  aprile  2021),  termini  ad   quem   di
«sospensione»  dell'azione  esecutiva   temporalmente   differenziati
rispetto a quello previsto dall'art. 117,  comma  4,  attualmente  in
vigore. L'aver previsto un termine  di  proroga  piu'  lungo  per  il
soddisfacimento coattivo di crediti vantati a qualsiasi titolo  verso
le ASL innesca un trattamento normativo  deteriore  rispetto  a  quei
creditori come, ad  esempio,  i  locatori  titolari  di  uno  sfratto
esecutivo, che sono tenuti ad attendere un termine molto  piu'  breve
per ottenere il rilascio dell'immobile di proprieta'. E cio'  per  di
piu' nei confronti di soggetti altrettanto «deboli», come quelli  che
potrebbero agire in  via  esecutiva  contro  gli  enti  del  Servizio
sanitario nazionale (si pensi a chi ottiene una sentenza esecutiva di
condanna per il rimborso di spese  mediche  o  per  il  pagamento  di
crediti retributivi o comunque collegati a diritti fondamentali). 
    Il prolungato blocco delle azioni esecutive e', inoltre destinato
ad operare addirittura anche in danno dei soggetti creditori  a  loro
volta  coinvolti,  come  nel   caso   di   specie,   nella   gestione
dall'emergenza sanitaria (si pensi ai crediti delle strutture mediche
specialistiche accreditate, delle farmacie o delle imprese fornitrici
di ausili e presidi sanitari). 
    Se  allora  la  ratio  del  blocco  delle  azioni  esecutive  nei
confronti delle ASL fino al 31 dicembre 2021 quella  di  «far  fronte
alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del
COVID-19 nonche' per assicurare al Servizio  sanitario  nazionale  la
liquidita' necessaria dio svolgimento  delle  attivita'  legate  alla
citata  emergenza,  compreso  un  tempestivo  pagamento  dei   debiti
commerciali, cio' tuttavia non puo' portare ad una contraddittorieta'
del sistema e illogica disparita' di trattamento pena  la  violazione
del  principio  di   uguaglianza   proclamato   dall'art.   3   della
Costituzione,  rispetto  a  posizioni   del   rapporto   obbligatorio
sostanzialmente analoghe per le  quali  si  prevedono  condizioni  di
procedibilita'  dell'azione  temporalmente  diverse   o   addirittura
rispetto a situazioni di soggetti chiamati a loro volta a far  fronte
alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla pandemia. 
    11. In conclusione, per quanto fin qui esposto si ritiene che  la
disposizione in esame si ponga in contrasto con: 
        a) l'art. 24, commi 1 e 2, della Costituzione,  in  quanto  -
per effetto delle proroghe dell'efficacia temporale  del  divieto  di
azioni esecutive verso le ASL - il diritto dei creditori di agire  in
executivis e' stato ulteriormente congelato per un tempo molto lungo,
solo in apparenza  definito  e  senza  il  riconoscimento  di  alcuna
utilita' compensativa a favore di coloro che pur avrebbero ragione ad
essere tutelati  in  tempi  ragionevoli  a  fronte  della  perdurante
inerzia del debitore inadempiente; 
        b) l'art. 111, comma 2, della  Costituzione,  poiche'  genera
una disparita' tra le parti in causa,  ponendo  l'amministrazione  in
una  posizione  di  ingiustificato   privilegio,   e   un   oggettivo
prolungamento dei tempi di definizione del processo esecutivo e  cio'
nella considerazione che  la  ragionevole  durata  del  processo  non
costituisce solo il limite per le parti, ma  e'  prima  di  tutto  un
obiettivo al quale il legislatore deve  informare  l'esercizio  della
potesta' legislativa; 
        c)  l'art.  3  della  Costituzione,  nella  parte   in   cui,
inserendosi in modo temporalmente asimmetrico in un sistema normativo
di proroga generalizzata  imperniato  sul  comune  presupposto  della
situazione di emergenza sanitaria in atto,  prevede  un  termine  (31
dicembre  2021)  sganciato  dallo  stato  di  emergenza  sanitaria  e
comunque diverso  da  quello  previsto  in  situazioni  creditorie  e
debitorie sostanzialmente analoghe ed omogenee o persino in danno  di
soggetti coinvolti nella gestione della emergenza sanitaria. 
    12. Tanto premesso, ai sensi dell'art. 23, secondo  comma,  della
legge  11  marzo  1953,  n.   87,   ritenendola   rilevante   e   non
manifestamente  infondata,  questo  tribunale  solleva  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 117, comma 4, del decreto-legge
19 maggio 2020, n. 34, come convertito nella legge 17 luglio 2020, n.
177, come modificato dall'art.  3,  comma  8,  del  decreto-legge  28
dicembre 2020, n. 183, convertito dalla legge 26  febbraio  2021,  n.
21, per contrasto con gli articoli 24, commi 1 e 2, 111, comma 2, e 3
della  Costituzione,  secondo  i  profili  e  per  le  ragioni  sopra
indicate, con sospensione del presente giudizio. 
    Riserva al definitivo ogni  ulteriore  decisione,  nel  merito  e
sulle spese.